Riepiloghiamo i contenuti della nuova legge di rivalutazione dei beni d’impresa, da eseguire nel bilancio dell’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2012 e quindi, per le imprese con esercizio coincidente con l’anno solare, nel bilancio relativo al 2013.
Possono utilizzare la rivalutazione tutti i soggetti rientranti nel reddito di impresa (società di capitali, società di persone, imprese individuali, anche in contabilità semplificata).
Sono rivalutabili i beni d’impresa, sia materiali che immateriali (marchi, brevetti etc, esclusi oneri pluriennali, beni in leasing e avviamento), ivi compresi gli immobili (aree edificabili, terreni agricoli e fabbricati) purchè non siano immobili destinati alla vendita (cd. Immobili merce). Sono rivalutabili altresì le partecipazioni iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie. I beni devono essere detenuti già nell’esercizio in corso al 31.12.2012 ed esistenti nell’esercizio in corso al 31.12.2013, i beni in leasing devono già essere stati riscattati alla data del 31.12.2012. Debbono essere rivalutati tutti i beni materiali appartenenti alla medesima categoria omogenea (nel caso dei beni mobili non registrati la categoria omogenea è individuata per anno di acquisizione e coefficiente di ammortamento);
Così come le precedenti rivalutazioni dei beni aziendali, anche la misura attualmente prevista può rappresentare un utile strumento per favorire la patrimonializzazione delle imprese, garantendo così una maggior facilità nell’accesso al credito. Tuttavia si segnala che secondo l’Agenzia delle Entrate, a differenza di quanto era previsto dalla legge di rivalutazione del 2008, questa rivalutazione non può essere effettuata solo a fini civilistici ma deve avere anche riconoscimento fiscale, implica pertanto il pagamento delle imposte sostitutive (questa interpretazione è contrastata da parte della dottrina, si attendono eventuali chiarimenti).
Non è previsto l’obbligo della perizia sul valore dei beni, che tuttavia è consigliata ai fini della certificazione del loro valore per i risvolti di responsabilità in capo agli amministratori.
I maggiori valori attribuiti ai beni sconteranno l’imposta sostitutiva del 16% (per i beni ammortizzabili) o del 12% (per quelli non ammortizzabili) che dovrà essere pagata in tre rate annuali di pari importo, di cui la prima da versarsi entro il termine del saldo delle imposte dovute per il periodo di imposta in cui avviene la rivalutazione (16 giugno 2014). Il riconoscimento fiscale opererà dal 2016 ai fini della deducibilità dei maggiori ammortamenti e dal 2017 ai fini delle eventuali plusvalenze da cessione.
Il saldo attivo di rivalutazione potrà essere affrancato a mezzo pagamento di una ulteriore imposta sostitutiva del 10%. Con l’affrancamento, l’attribuzione ai soci del saldo attivo non genera più materia imponibile per la società, ferma restando la tassazione in capo al socio, secondo le regole previste per la tassazione dei dividendi.