AT= AF +AC
Il totale delle attività correnti è detto capitale circolante o anche capitale di esercizio (working capital secondo la letteratura anglosassone).
Il capitale circolante comprende in sintesi le seguenti classi di valori: cassa e banche attive e passive, crediti e debiti a breve, rimanenze.
Il capitale investito (AT) rappresenta, dal punto di vista dell’analisi finanziaria, l’impiego di risorse monetarie provenienti dalle cosiddette fonti di finanziamento. Agli impieghi di fondi, perciò, si contrappongono fonti.
Uno dei principi fondamentali della disciplina che va sotto il nome di finanza aziendale è quello della giusta contrapposizione tra impieghi e fonti: gli impieghi in attività permanenti (fisse) vanno finanziati con risorse finanziarie (fonti) permanenti o di medio/lungo termine; gli impieghi di attività correnti vanno finanziati con risorse monetarie temporanee o di breve termine.
L’altro principio base consiste nell’armonizzazione dei flussi monetari in entrata e in uscita: a ogni esborso derivante dall’acquisizione di un componente delle attività dovrà corrispondere un’entrata monetaria derivante da un finanziamento avente pressappoco la stessa scadenza.
Più semplicemente: le attività correnti devono essere finanziate con l’indebitamento a breve termine, mentre le attività permanenti vanno finanziate con debiti a medio e a lungo termine.
Tra le attività correnti è compresa una quota permanente che segue un andamento costante in funzione della dinamica temporale, mentre la quota non permanente ha un andamento oscillante.
La quota permanente è costituita dalle rimanenze che rappresentano una percentuale più o meno fissa rispetto ai volumi di produzione e di vendita (livello delle scorte).
La quota non permanente è costituita dai saldi periodici di cassa e banca e dai crediti e debiti a breve termine che variano in funzione delle scadenze dei crediti e dei debiti (flussi monetari in entrata e in uscita) in relazione alla durata dei cicli produttivi e alla stagionalità delle vendite.
Sempre dalla figura appare chiaro come debbano essere finanziate le attività: la quota di attività correnti non permanenti determina i fabbisogni di fondi a breve termine (prestiti bancari a breve, autoliquidante, debiti verso fornitori); la quota di attività correnti permanenti e le attività fisse danno origine ai fabbisogni di fondi a carattere permanente (mutui, finanziamenti a medio/lungo, prestiti obbligazionari, aumenti di capitale).
Riepilogando, non solo le attività fisse devono essere finanziate con strumenti a medio/lungo termine o permanenti, ma anche una parte delle attività a breve termine devono essere sostenute con strumenti non di breve termine in quanto comunque hanno uno "zoccolo" fisso e quindi non smobilizzabile nel breve termine.
Esempio:
L’azienda Alfa ha acquisito una commessa e deve consegnare i prodotti entro diciotto mesi. Per poter far fronte agli impegni deve accumulare produzione e perciò aumentano le rimanenze di materie prime, di semilavorati e soprattutto di prodotti finiti. Ciò comporta l’acquisizione più o meno immediata di attività correnti e quindi flussi monetari in uscita a breve scadenza contro flussi monetari in entrata con scadenza a medio termine.
Se Alfa finanzia l’incremento del magazzino con finanziamenti a breve (es. autoliquidante o anticipi di breve termine) verrà un momento in cui non potrà più far fronte ai pagamenti dei fornitori se non smobilizzando attività fisse o ricorrere velocemente a finanziamenti di medio termine. Se, viceversa, ricorre a un finanziamento a medio termine (ad esempio 24 mesi) avrà a disposizione le somme necessarie per effettuare i pagamenti alle singole scadenze senza il rischio di rompere l’equilibrio finanziario. La differenza tra pagamenti via via effettuati e importo del debito contratto costituirà di volta in volta eccessi di liquidità che il direttore finanziario di Alfa potrà utilmente impiegare in investimenti a breve, diminuendo così l’incidenza del costo del prestito.
Maurizio Cremasco